L’Italia, culla di una delle tradizioni calcistiche più gloriose al mondo, si trova oggi a fronteggiare una crisi infrastrutturale che mina la competitività e l’attrattiva internazionale del suo sport più popolare. Gli stadi nel nostro Paese, molti dei quali costruiti o ristrutturati soltanto in occasione dei Mondiali del 1990 (quindi più di 30 anni fa), sono purtroppo tra i più obsoleti d’Europa.
Come riporta “Calcio e Finanza” in un articolo del 3 novembre 2024 a partire da analisi di QN Quotidiano Nazionale, nel nostro Paese l’età media degli stadi è addirittura di 61 anni, uno su tre necessita di importanti interventi di ristrutturazione, e si costruiscono molto di rado impianti nuovi e moderni. Se infatti nell’ultimo decennio il resto d’Europa ha visto la costruzione di 153 nuovi impianti, nel nostro Paese le nuove strutture sono state solamente tre. Inoltre, solo il 24% degli stadi è di proprietà dei club, a fronte di una media europea dell’80%. Questo dato evidenzia una scarsa propensione all’investimento privato e una dipendenza stagnante dalle amministrazioni pubbliche, spesso lente ed eccessivamente burocratiche, come dimostrano le vicende che da anni interessano gli stadi di Roma e Milano.
I progetti per i nuovi impianti, tra costruzioni ex novo e grandi ristrutturazioni, però, non mancano: leggiamo in un articolo di “Calcio e Finanza” del 15 aprile 2025 che attualmente sono 18 i progetti in fase di pianificazione o realizzazione, con un investimento complessivo di circa 4 miliardi di euro, che genererebbero una produzione aggiuntiva di 7,8 miliardi, un impatto sul Pil di 5,6 miliardi, e 14.000 nuovi occupati stabili (dati OpenEconomics e Figc). Ma c’è di più: i nuovi stadi aumenterebbero i profitti per le società (o per chi gestisce le strutture), attirando oltre 3,3 milioni di spettatori in più, con un incremento dei ricavi di circa 200 milioni di euro. Una boccata d’ossigeno per i club di Serie A, che al momento non riescono a competere con le principali squadre europee. Per fare un confronto: Inter e Milan, nel loro anno migliore, hanno raggiunto al massimo 80 milioni di euro, mentre Arsenal e Tottenham superano costantemente i 100 milioni. Per non parlare delle grandi come Psg e Barcellona, che arrivano a incassare oltre 150 milioni. I blaugrana sono destinati a spiccare il volo grazie al nuovo Camp Nou che dovrebbe riaccoglierli entro la stagione 2026-2027 con un look avveniristico e completamente rinnovato.
Burocrazia, questioni politiche e costi degli investimenti
I motivi di questo distacco sono molti e non fanno altro che trascinarsi da decenni. La vicenda degli stadi è emblematica di ciò che accade in generale con le grandi opere: i tempi di realizzazione superano di oltre il 30% la media europea e arrivano anche al 50% considerando i passaggi tra gli uffici necessari per ottenere le autorizzazioni. Per non parlare delle rivalità politiche tra gli enti chiamati a esprimersi o intervenire sui progetti, dando vita a continui scontri e colpi di scena. Non solo burocrazia, dunque.
E infine c’è la questione economica: una volta iniziata un’opera, i costi aumentano costantemente, mettendo sotto pressione le casse già provate dei Comuni o degli enti finanziatori. La speranza di un riscatto è riposta per ora nell’occasione del 2032, quando l’Italia, insieme alla Turchia, ospiterà gli Europei. L’Italia ha tempo fino al 1° ottobre 2026 per adeguare almeno 5 stadi e non perdere questa enorme chance.
Le critiche Uefa, l’allarme per Euro 2032 e l’ottimismo nonostante tutto
Questa situazione di emergenza ha ovviamente attirato l’attenzione della Uefa (Union of European Football Associations), a tal punto che alcuni giorni fa, intervistato da SportMediaset, il presidente Uefa Aleksander Ceferin ha dichiarato: “Penso che le infrastrutture calcistiche italiane siano una vergogna. Siete uno dei Paesi calcistici più grandi, avete vinto molti Mondiali, Europei, Champions League. E allo stesso tempo, tra i grandi Paesi, avete di gran lunga le peggiori infrastrutture. Sono un po’ stanco di queste discussioni italiane sulle infrastrutture, perché tutto ciò che vediamo sono solo parole. Spero che l’Italia faccia qualcosa. I club hanno bisogno di aiuto da parte del governo, dei comuni, e anche da investitori privati. È tempo di agire, perché la situazione è pessima”. Al momento Ceferin resta comunque ottimista su un recupero in vista dell’Europeo 2032: “Non sono ancora preoccupato. Penso che ora anche il Governo abbia capito che deve fare qualcosa. Ho molta fiducia in Gabriele Gravina, che è il mio primo vicepresidente. Farà tutto il possibile per colmare il gap. Sono sicuro che l’Italia ospiterà l’Europeo del 2032”.
Sempre in riferimento alla questione stadi, anche il vicesegretario generale Uefa Giorgio Marchetti, ospite di Radio Anch’io Sport su Rai Radio 1 lunedì 12 maggio, ha espresso parole di preoccupazione ma con la speranza di una sterzata nel breve termine: «L’Italia è uno dei grandi paesi del calcio europeo e mondiale. Vedere una situazione infrastrutturale così precaria e così fuori dal tempo non è un elemento di beneficio per calcio italiano. Ci auguriamo che l’Italia riesca a dare una sterzata ai propri stadi, trasformandoli in stadi moderni e confortevoli, cosa che purtroppo non è in questo momento. Questo deve avvenire per forza, l’Italia non può mancare questo appuntamento col futuro».
Il Decreto Sport: la salvezza per i nuovi investimenti?
In risposta a questa emergenza, il governo italiano ha da poco varato il “Decreto Sport”, che prevede la nomina di un commissario straordinario per sbloccare investimenti fino a 5 miliardi di euro destinati alla costruzione e alla ristrutturazione degli stadi, anche se secondo le stime governative si potranno attivare altri interventi con un impatto economico che potrà superare i 7 e raggiungere i 10 miliardi.
«Non vogliamo intervenire a piedi uniti in realtà che sono territoriali – ha sottolineato il ministro per lo sport e i giovani Andrea Abodi – ma vogliamo fornire strumenti e procedure semplificate. Abbiamo fatto un salto di qualità con la configurazione della struttura commissariale, con tutto ciò che ne consegue in termini di poteri che non prevaricano ma usano le migliori pratiche per accelerare il processo. Questo per rispondere ad una esigenza che è quella del 2032, che è anticipata al 2026 per la definizione dei cinque stadi italiani. L’Uefa ha imposto per aprile-maggio 2027 l’apertura dei vari cantieri, pena la revoca dell’assegnazione. Il tempo perciò non è molto».
L’obiettivo dunque è eliminare gap normativi e burocratici e sgombrare il campo dagli equivoci politici che si sono creati in questi anni. Continua Abodi: «Sono convinto che attraverso le strutture commissariali, utilizzando anche la volontà dei club, in particolari quelli con proprietà straniere, e delle amministrazioni che in alcuni casi sono andate avanti e con il portafoglio di opportunità finanziarie che metteremo a disposizione potremo aprire a cavallo della fine di quest’anno e del prossimo altri due cantieri oltre a quello di Firenze che è già operativo. Bologna e Cagliari sono altri due progetti pronti, come Empoli e Parma».
I principali progetti in corso
Come scrive Marco Bellinazzo in un articolo del 22 aprile 2025 per Il Sole 24 Ore, esistono situazioni diverse da città a città, con iter che si trascinano da anni e modelli giuridici disomogenei, dalle privatizzazioni (come a Milano) a forme di partenariato pubblico-privato (come a Cagliari), e dall’attribuzione di diritti di superficie a lunga scadenza a mere concessioni prolungate. Gli interventi più importanti dal punto di vista economico sono quelli di Inter e Milan sull’area di San Siro (la cui alienazione è prevista per l’estate) che potrebbe valere fino a 1,5 miliardi, e quello della Roma che a Pietralata ha programmato un investimento da 1,2 milardi. Nella Capitale peraltro la Lazio ha da poco presentato al Comune un piano di riqualificazione del Flaminio da 450 milioni.
A Firenze sono partiti già i lavori su una parte dell’Artemio Franchi che costeranno alle casse pubbliche circa 150 milioni. Per completare l’opera Rocco Commisso, il presidente Viola, sarebbe disponibile a tirare fuori altri 50 milioni. A Parma il gruppo Krause finanzierà direttamente per oltre il 60% il budget previsto per la ristrutturazione (circa 150 milioni). Da pochi giorni invece la Regione Sardegna ha confermato l’impegno da 50 milioni per il nuovo stadio del Cagliari, la cui definitiva realizzazione potrebbe costare tra i 150 e i 2oo milioni.
Rappresenta un progetto in partenariato pubblico-privato quello del Bologna con il Comune partito da oltre 6 anni. Per il nuovo stadio Dall’Ara si prospetta un costo di circa 200 milioni. Tra quelli citati da Abodi c’è anche lo stadio dell’Empoli la cui riqualificazione, proposta nel luglio del 2024, dovrebbe comportare un investimento di circa 50 milioni.
Per questi otto stadi si prospettano investimenti che potranno arrivare fino a 5 miliardi. Ma altri club, non solo di Serie A, hanno in agenda da tempo l’ammodernamento dell’impianto in cui giocano ovvero l’edificazione di uno nuovo: dal Venezia nell’ambito del Bosco dello Sport (il piano pubblico da 92 milioni è stato confermato dal Comume venerdì scorso) al Como, dal Lecce al Palermo, dall’Arezzo al Perugia, dal Genoa al Napoli. «Per finanziarli – ha spiegato il ministro dello sport Abodi – stiamo configurando insieme al ministero dell’Economia un portafoglio di prodotti che vanno dal fondo equity, al fondo immobiliare, dalle garanzie combinate tra Istituto per il credito sportivo e Sace, al contributo in conto interessi, altro fondo speciale affidato all’Icsc, fino ad una negoziazione sul mercato europeo per la raccolta di provvista finanziaria a condizioni agevolate e a procedure semplificate che andranno dentro la struttura commissariale anche per l’eventuale alienazione del bene».
La sfida è lanciata, adesso bisogna agire
Il tempo stringe, dunque, e l’Italia non può più permettersi di aspettare. La sfida legata al rinnovamento degli stadi è ormai diventata un’emergenza nazionale che va ben oltre il calcio e il mondo dello sport: riguarda l’economia, il lavoro, il turismo e l’immagine del Paese a livello internazionale. L’Europeo del 2032 rappresenta un’occasione irripetibile per dimostrare che anche in Italia è possibile pianificare, investire e realizzare infrastrutture moderne e sostenibili nei tempi previsti.
I progetti in campo e gli strumenti messi a disposizione dal Decreto Sport potrebbero far intravedere una nuova fase, più concreta e determinata. Se istituzioni, club e investitori d’ora in avanti sapranno lavorare insieme, con responsabilità e visione, questa sfida emergenziale potrà diventare una leva straordinaria per risollevare il calcio italiano e contribuire al rilancio economico del nostro Paese. Le possibilità ci sono: adesso bisogna agire.